mercoledì 20 ottobre 2010

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DRUGHI






Si trovano al Korova Milk Bar.
Vestono di bianco con bombetta nera molto british e bevono
"latte +" (cioè addizionato con mescalina) per caricarsi
chimicamente ed essere pronti all'esercizio quotidiano dell'amata ultraviolenza.
Facce straniate e occhi sgranati,
i drughi parlano uno strano gergo (il nadsat, inventato negli anni Sessanta dallo scrittore Antony Burgess) e chiamano gulliver la testa, su e giù i rapporti sessuali, karashov tutto ciò che è eccitante.
Sono galvanizzati dalla musica e soprattuto dal quarto movimento - l'Inno alla gioia - della Nona di Beethoven.

"Fascismo latente", grida qualcuno, miope, quando esce nelle sale il film che fa scandalo in tutto il mondo - Arancia Meccanica (1971) di Stanley Kubrik - solo all'ottavo posto nella classifica italiana degli incassi del 1973, dopo Il Padrino di Coppola, Ultimo tango a Parigi di Bertolucci e Malizia di Samperi.

In realtà, Kubrik anticipa di qualche anno l'esplosione delle gang giovanili e disegna con lucido disincanto una sorta di antropologia negativa della violenza come tratto ineliminabile di ogni essere umano.

Dei quattro drughi, due diventano poliziotti e continuano a fare ciò che hanno sempre fatto e amano fare (picchiare, pestare, stuprare..) con la protezione di una divisa e con l'alibi della legge. Il loro leader Alex (Malcom Mac Dowell) mette la sua congenita vocazione a delinquere al servizio del ministro degli Interni e delle Istruzioni, dopo esser stato sottoposto invano a una terapia disintossicante - la "cura Ludovico" - un'overdose di immagini violente, accompagnate dalla musica di "Ludovico van", per generare nel teppista una reazione di rigetto. Del quarto drugo, invece, non c'è traccia, non si sa come e dove scompaia.

Quell'occhio drugo, quello sguardo violentemente e volutamente depalpebrato e perennemente aperto è a sua volta in anticipo con i tempi, e intimante ci riguarda e ci ritrova tutti lì, nel suo inevitabile controcampo. Eyes Wide Shut.


post by Lara Casadei
thanks to "annisettanta" libro a cura di Marco Belpoliti, Gianni Canova, Stefano Chiodi.

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