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    Domenica 13 Marzo dalle 14.00 alle 02.00, Villa Bianco. Line up: Giammarco Orsini (Zu, O300f Recordings, Heko Records), Crocodile Soup (RAINBOW), Mattia Fontana (Clique Club), Alex Dima, Munir Nadir, BSKRS, Paolo Macrì..

  • MOVEMENT 2015

    10th Edition - 31 October - Lingotto Fiere

martedì 24 dicembre 2013

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24HSP#25 - Andrea & Stenny

Speciale regalo di Natale quest'anno da parte del baffo più multiforme del web.
24HSP è lieta di presentarvi il mixtape di Andrea e Stenny, autentiche punte di diamante del panorama elettronico torinese in chiave techno.
Le loro produzioni rispecchiano a pieno il cuore post industriale e scuro di Torino. Una profondità e una ricerca della vera anima techno della città apprezzata in Italia e all'estero, tale da permettergli l'ingresso in una delle delle label più prestigiose e rispettate del settore: l'Ilian Tape dei fratelli Zenker.
Un set con un unico comune denominatore: il vinile.
Il nostro regalo di Natale per voi.



mercoledì 27 novembre 2013

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LLDLM#32_Doc Daneeka - Walk On In (feat. Ratcatcher)


Doc Daneeka
Walk On In (feat. Ratcatcher)
Walk On In
2013
Numbers







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giovedì 21 novembre 2013

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IF Bags: è dura essere semplici

Qualche mese fa, navigando annoiata su Facebook, mi sono imbattuta in una pagina che mi ha subito attratta. Incuriosita, l'ho aperta e ho subito notato foto di ragazzi e ragazze con  zainetti colorati sulle spalle. Non ero avevo ancora realizzato di essere entrata nel mondo delle IF Bags e, per non sbagliare, ne ho comprata immediatamente una, verde, d'impatto. 
Ma non mi è bastato: ho voluto infatti saperne di più. Così ho fatto qualche domanda a Isabella De Felice (Industrial Designer), Francesca Mesiano (Scenografa) e Claudia Legnani (Imprenditrice). Guardate un po' cosa mi hanno risposto!


Innanzitutto, una domanda semplice, proprio come i vostri zainetti: dove e quando nascono le IF bags? 

Le IF nascono in una vecchia cassapanca verde trovata per le vie di Milano. Sono uscite fuori da una miscela di semplicità: corde, nodi, legno ed eco-pelle. Sono sulle nostre spalle da circa due anni e mezzo, ma su quelle dei nostri 'clienti' dall'estate del 2012.

Da che idea siete partite nel crearle?

Volevamo uno zainetto semplice, veloce, che potesse contenere tutti i piccoli dettagli senza i quali non possiamo spostarci. Volevamo che ognuno dei nostri amici ne avesse uno del colore più adatto a sé, perciò abbiamo realizzato una linea di 22 colori.


Per che tipo di clientela le avete pensate?

La clientela inizialmente eravamo noi, i nostri amici, le persone con cui siamo più a stretto contatto, quindi diciamo che avevamo pensato ad un target giovane. Con il tempo ci siamo rese conto che anche le nostre mamme ne volevano una e, in alcuni casi, anche le mamme delle mamme... Crediamo che le IF siano davvero un oggetto versatile, adatto ad ogni età e a diverse tipologie di persone.


Cosa vi ha guidato nella scelta dei materiali?



Dopo un attenta ricerca, la scelta dei materiali in realtà è stata un po' automatica: non avremmo mai voluto un brand che realizzasse accessori in vera pelle (due di loro sono vegetariane, ndr), quindi abbiamo scelto quella ''finta'', l'eco-pelle. Le corde sono di cotone e canapa naturali perchè ci piace comunque poter toccare con le mani qualcosa che derivi dalla natura. Lo stesso vale per i legnetti di cui è dotata la borsa.


Last but not least: dove volete arrivare? Ovvero: progetti per il futuro?

Intanto ci stiamo stabilizzando e cerchiamo di stare dietro a tutti gli ordini e le spedizioni producendo più IF....Poi quel che deve venire lo scopriremo!

Il mondo è pieno di IFs... Scegliete la vostra e riempitela a modo vostro: fidatevi, vi farà sentire ogni giorno leggeri e semplici, oltre che aiutarvi a non perdere le chiavi di casa!



Camilla Boccadoro

lunedì 11 novembre 2013

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LLDLM#31_Disclosure - Apollo

Disclosure
Apollo
Unreleased
2013


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mercoledì 16 ottobre 2013

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LLDLM#30_Deetron feat. Ben Westbeech - Rhythm (Will Saul & October Remix)


Deetron feat. Ben Westbeech
Rhythm (Will Saul & October Remix)
Rhythm  EP
2013
Music Man Records


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martedì 15 ottobre 2013

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Outlook festival 2013 - Diary

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Articolo e fotografie di Alberto Bernes

Ci siamo, o meglio ci siamo stati. Ebbene si, sopravvissuti a 96 ore di quello che per noi è stato uno dei festival più belli dell'anno.
Ma facciamo qualche passo indietro..
Il tutto è iniziato nel migliore dei modi partendo tranquilli tranquilli con il concerto di inaugurazione del festival, nell'anfiteatro romano di Pola. Appena arrivati non possiamo fare a meno di notare che la città ha subito un invasione di british mates che si possono facilmente distinguere grazie alla loro colorazione latte scremato che in pochi giorni diventerà rosso ferrari.
La location è davvero suggestiva ed è sicuramente un buon assaggio di quello che ci aspetta nei successivi quattro giorni.

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Sul palco si alternano nomi che hanno fatto la storia della musica reggae e hip hop, tutto inizia con J Rocc che scalda la folla per un Grandmaster Flash che si merita davvero il titolo di grandmaster, facendo un set che ha percorso la storia dell' hip hop partendo da Kool & The Gang, LL Cool J, De la Soul arrivando a Cypress Hill e tutti quelli che ci andavano, è stato davvero uno showman di quelli che proprio non ti aspetti, insomma uno che mette i dischi dagli anni 70 si stuferà prima o poi. E invece no, Grandmaster Rocked the Crowd!
                  
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A chiudere la serata The Original Wailers che non ho ancora capito che cosa abbiano di original visto che nessuno dei componenti della band originali suonava. Ma questa è un'altra storia. Sentire delle belle cover di Bob Marley e Peter Tosh è sempre piacevole ma non è stato niente di più, se non fosse per un black out di cinque minuti che li ha lasciati in acustico. Della serie anche i grandi sbagliano.

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Finalmente con viva e vibrante soddisfazione, comincia il festival. Già all'inaugurazione ci siamo accorti dell'impeccabile organizzazione dell'evento ed è piuttosto strano che in Croazia le cose funzionino in modo preciso ed impeccabile, è un pò come se fossimo a Westminster più che a Pola. Ovunque è pieno di omini con la giacca gialla che fungono da angeli custodi ai migliaia di partyboys,non possono mancare i classici cartelli "zero drug tolerance, dogs in patrol" che avrei tanto voluto portarmi a casa. Perchè è scontato dirlo ma le droghe sono ormai fuori moda.

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La location come ci aspettavamo è davvero fantastica, durante tutto il giorno fino alle 8 di sera ci si può rilassare in spiaggia o sollazzarsi con le selezioni di Dub/Reggae/Funk/Jungle nei due Beach stages. Al calar delle tenebre vengono liberati i mostri della Drum'n'Bass,ma non solo, che si esibiscono contemporaneamente in ben dieci stages (si avete capito bene. dieci). In pratica tutto questo si traduce in, è impossibile seguire tutti gli artisti che vorresti. Ma questa è un altra storia.

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La prima notte inizia con alcuni artisti tra i più attesi del festival. Nel main stage, the Harbour, si esibiscono Capleton, Alborosie & Shengen Clan e l'immancabile e sempre più giovane David "The King" Rodigan. Un Alborosie in gran forma che fa muovere i mates e che fa pure un pezzo cantando in siculo, davanti al 90% di folla British cokney che incredula ha qualche flashback de "il Padrino". Ma il più grande showman della serata è sicuramente Rodigan che ho già visto e rivisto ma riesce sempre a farti saltare, tra un pull up e l'altro. Voglio essere anche io così a 63 anni!

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Dopo tante belle canzonette reggae è giunta l'ora di andare a scavare con un pò di sana DnB. Ci buttiamo a colpo sicuro al Moat, uno stage incastonato tra le mura del fortino romano, con delle visuals da vero psiconauta in compagnia di Breakage, Dj Die che in back to back ci portano fino alla mattina. Una cosa che mi ha sconvolto è la puntualità di questi bretoni, alle 6 in punto (Ora del Big Ban chiaramente) staccano la musica in tutti gli stage e non ci sono cazzi, anche se stava per partire il drop della tua canzone preferita alle 6 si stacca. Fin qui niente di nuovo direte voi, ma la cosa veramente assurda per un non-inglese come me è che nessuno si lamenta, nessuno chiede un pezzo in più. Tutti quanti come tante pecorelle del nonno di Heidi vanno ordinatamente, smandibolando, verso la propria tana.

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Provati ma carichi andiamo avanti a testa alta pronti ad affrontare quella che è stata sicuramente la serata più bella del festival. Nel main stage infatti suona Andy C accompagnato da un MC GQ in super forma e Calyx & Teebee che a forza di double drop hanno spaccato per più di 3 ore. Ballare i ritmi sincopati della migliore drum'n'bass e neurofunk in circolazione insieme ad altre 10.000 persone mi hanno fatto provare le emozioni più intense di tutto il festival.
Chiudiamo la serata con le pesanti ma lente bassline del Mungo's SoundSystem che ci sembrano un toccasana dopo ore di musica a 170bpm.

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L'ultimo giorno parte con il set di Bonobo che è davvero emozionante ma la cosa che mi ha più stupito è che ha suonato almeno un pezzo di ogni suo album, con tutta quella malinconia positiva che ti lascia. Quattro salti in compagnia di Benny Page e della sua ragga-jungle da sorriso a 32 denti per poi passare subito a uno degli artisti che più aspettavo Mala in Cuba. Con il suo set live assieme ad altri 3 percussionisti e suonatori di strumenti strani cubani è riuscito a unire la musica dell'isola caraibica con la dubstep e 2step, una cosa che proprio non ti aspetti. Raccomando a tutti di ascoltare il suo album se ancora non l'avete fatto!

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Beh, che dire il festival sicuramente è stato una bomba, la musica era davvero elevata qualitativamente e anche i vari sound System negli stage hanno messo a dura prova i nostri timpani e gabbie toraciche. L'organizzazione è stata ottima, l' unico puntino nero in questo bellissimo foglio bianco è stata l'azione della polizia croata che ha visto nel festival una grande occasione per fare cassa e quindi anche con metodi a dir poco discutibili (vedi qui) ha fatto in modo che si creasse un clima di tensione tale che fumarsi una canna in spiaggia ti dava la stessa adrenalina di una rapina in posta. Ma a parte questo evviva l' Outlook Festival!

lunedì 30 settembre 2013

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24HSP#24 - Alberto Gianelli

Alberto Gianelli è un giovane dj alle prime esperienze nel campo della produzione.
Ha 19 anni, originario della Liguria ma trapiantato per studi a Torino, da 2 anni pubblica le sue tracce su 
soundcloud e format vari e da poco ha eseguito un set per Radio Castelluccio,poca esperienza di fronte al pubblico ma le idee chiarissime sul futuro.

Le tue prime 10 tracce che verranno prodotte dalla Essence Records in un digital Lp, sono molto varie, passi da una techno metallica in stile detroit ad una techno molto più ambient sino addirittura ad un pezzo che pare quasi downtempo, questo mi fa pensare che tu sia ispirato più dal tuo modo di avvertire le cose che da una linea guida creata da altri artisti, ti ci rivedi in questa affermazione?

Credo che sia corretto, fin dall’ inizio ho prodotto senza badare troppo alle frequenze ed alle specifiche tecniche del suono, producevo non pensando ma mettendo giù solamente i suoni come li sentivo “giusti”, semplicemente influenzato dalla prima e dalla seconda ondata di Detroit, ora invece presto molta più attenzione, anche ai dettagli.

Leggendo l’ultima intervista a dj Koze su dj mag, ho avuto l’ennesima conferma su un mio pensiero ricorrente: l’arte in senso generale non è legata al posto in cui nasce ed anzi, forse la maggior libertà espressiva la si può raggiungere stando lontani dai clichè produttivi di una città come Berlino o Londra, per capirsi, tu vivi in un paesello nel buco del culo del mondo dove nemmeno esiste un locale che rappresenti la scena techno.
Cosa c'è di più simile alla libertà di questo?

Dal momento che con la musica posso esprimermi come voglio, mi sento più che libero, sicuramente sono meno avvantaggiato di chiunque altro viva in una grande città, ma nel mio piccolo sono più che soddisfatto. Penso che la musica mi influenzi in varie forme, fino ad ora non ho mai prodotto per motivi economici e per la lontananza dai centri focali degli artisti.
La scarsa disponibilità di mezzi invece rende i miei suoni crudi e esattamente così come li immagino in prima battuta.

I nomi delle tue tracce e le atmosfere stesse evocano panorami stellari, credi di vedere nel cosmo una tua fonte ispiratrice?

Sì è una realtà affascinate per me, specialmente nella traccia “Solar System” ho cercato di riprodurre la mia visione dei moti planetari, sono molto affascinato dal cosmo.

Preferisci immaginare il tuo futuro come Producer o come Dj? è valida anche una risposta compromesso. 

No, ho sempre preferito suonare, ed è la mia maggiore fonte di ispirazione, ascolto molto e per lo meno privatamente mi concedo molti set nei quali creo delle progressioni personali, quando mi trovo di fronte ad un pubblico comunque amo fare il mio, il disco da pista ci sta sempre, ma è comunque una mia prerogativa puntare su i dischi che mi emozionano, mettendo in mezzo anche qualche mia produzione.

Il 24° podcast volevamo fosse di buon augurio a qualcuno, speriamo possa esserlo per Alberto e in un certo senso per tutti voi.
Se segui i tuoi non puoi sbagliarti.

Buon ascolto.





giovedì 26 settembre 2013

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Movement 2013 pres. Dj Harvey in Turin | 29.10.2013 | powered by 24HSP

L'anonimo Harvey Basset nasceva a Cambridge esattamente 49 anni fa. 
Nello stesso periodo Martin Luther King vinceva il premio Nobel per la Pace, Jean – Paul Sartre quello per la Letteratura. Il Film 8 ½  di Federico Fellini si aggiudicava il premio Oscar quale miglior Film Straniero, J.F.K. era presidente degli Stati Uniti, mentre in Italia il presidente del consiglio era Aldo Moro.
Anni 60, Inghilterra. Non sarebbe stato un ragazzino normale il nostro Basset, se non fosse stato influenzato e contaminato dalla scena musicale dell'epoca.  Iniziava così a suonare la batteria in un piccolo gruppo punk locale, gli Ersatz, riscuotendo un discreto successo anche a livello nazionale.




Ma come ogni uomo, anche Harvey Basset è il frutto delle esperienze che scuotono come giganteschi terremoti la vita di ognuno di noi. 
Nulla sarebbe stato più come prima dopo il suo primo viaggio negli Stati Uniti.
New York in quel periodo era la culla del movimento hip hop, cultura talmente vitale e dalla forza tanto dirompente da non aver lasciato indenni, ed anzi ad aver letteralmente sconvolto gruppi del calibro dei Clash. 



Il nostro anonimo Basset tornò nella amata Cambridge, si liberò immediatamente dell'ingombrante batteria per far posto ai suoi primi giradischi Technics. 
Da quel giorno nessuno ebbe più notizie del promettente batterista punk, ma tutti iniziarono a conoscere il nuovo Dj della crew TONKA Hi Fi, tale Dj Harvey. 
Una crescita proporzionale di eccellenza tecnica e notorietà, una selezione che di volta in volta si arricchiva diversificandosi ed ampliandosi. Una capacità unica di miscelare suoni di ogni genere, partendo dall'hip hop per arrivare all'elettronica, in ogni sua sfaccettatura.



In brevissimo tempo Dj Harvey divenne uno dei più importanti Dj d'oltremanica. 
Sovrano indiscusso dei più importanti club inglesi.
Un pezzo di storia della musica elettronica contemporanea, storico resident del Ministry of sound talmente influente ed importante da essere unanimemente considerato come "L'ultimo vero Dj".



Una leggenda vivente che dopo un lungo periodo trascorso lontano dai turntables ha ripreso con l'attività da dj solo da qualche anno. Ad una sola condizione: suonare soltanto in occasioni ultra selezionate, di fronte a platee accuratamente scelte, così da soddisfare il suo primo desiderio, essere ascoltato soltanto da chi pò davvero capirlo. 

Averlo a Torino è qualcosa di eccezionale. 
Poter assistere ad un suo set qualcosa di unico e raro.
Questo sarà il nostro ospite per l'edizione 2013 di Movement Torino.
Sir Dj Harvey Basset.




'You can't understand the blues till you've had your heart broken, you can't understand my 

music till you've had group sex on ecstasy' 

DJ Harvey

giovedì 19 settembre 2013

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Released this month, not in playlist :-) / 14

Moderat è un progetto di musica elettronica che nasce nel lontano 2002. E' il risultato della collaborazione di Apparat (al secolo Sascha Ring) con i Modeselektor (Gernot Bronsert e Sebastian Szary), ergo un progetto tutto berlinese.

Apparat, al centro, e i Modeselektor ai lati.

Nel 2002 purtroppo esce solamente un EP che rimane pressoché sconosciuto e il progetto si blocca a causa di divergenze tra i componenti del trio. 
Nel 2009 invece arriva la rivelazione: esce infatti per la BPitch Control il disco omonimo, composto da 11 tracce di straordinario pregio. Il disco viene recepito benissimo dalla critica e contiene alcune perle difficili da dimenticare: su tutte "A New Error" e "Rusty Nails". Insomma, quando si è iniziato a vociferare che sarebbe uscito un secondo album c'erano tutte le premesse perché questo fosse un'altra bomba.

La copertina di "II"
Ed ecco che nel 2013 esce per Monkeytown Records (l'etichetta fondata dai Modeselektor) il secondo album di Moderat, chiamato semplicemente "II".
L'uscita di questo disco, per i cultori del trio come il sottoscritto, era attesa come il Messia, ma dopo un primo ascolto non si è sicuri che regga il confronto con il primo.
Il disco è preceduto dall'uscita del singolo "Bad Kingdom", che forse vuole ricalcare un po' la tanto famigerata traccia "Rusty Nails".


La traccia è nel tipico stile Moderat: cassa incisiva (lo zampino è sicuramente dei Modeselektor), atmosfera tendente al malinconico e alla voce Apparat. La traccia è molto ben congegnata, i suoni sono quelli che ci si aspettava e come primo singolo si rivela quindi perfetto.

La terza traccia (la prima è un interludio), "Versions", dalle atmosfere pacate, risulta invece un po' monotona e senza grandi intuizioni e con una variazione nel finale che non trova molto senso.

Si prosegue con "Let In The Light", recepita molto bene dalla critica. I colpi di cassa particolari e numerosi spunti sonori la rendono in effetti una tra le tracce più interessanti del disco.

Con "Milk" si è voluto strafare: la traccia dura infatti più di 10 minuti. La partenza è molto lenta e tutto farebbe pensare ad un bel climax ascendente che invece, purtroppo, non arriva mai. Il ritmo rimane pacato, le variazioni sono di poco conto e quello che sembrava un aereo pronto a decollare invece rimane a terra. Anche dopo i primi 8 minuti, quando si dovrebbe toccare l'apice del climax, la traccia si affloscia e finisce, non avvicinandosi lontanamente a quello costruito nel disco precedente addirittura attraverso due tracce: "Porc#1" e "Porc#2".

La traccia successiva, "Therapy", è invece molto ben costruita. La crescita graduale del ritmo è piacevole, le pause sono al punto giusto, le variazioni che si insinuano nel ritmo dell'origine della canzone sono gestite perfettamente.


"Gita", con la sua base particolare e la voce di Apparat sommata a cori campionati, risulta interessante anche per l'aggiunta di svariati suoni tipici di un vecchio Sascha, mentre "Ilona" risulta un po' insipida.

Il disco a mio parere si riprende clamorosamente con le ultime due tracce: "Damage Done", in perfetto stile Apparat di "The Devil's Walk", e "This Time". La prima rievoca atmosfere cupe attraverso suoni lievi e attutiti che crescono col passare dei minuti. Le eco di sottofondo di suoni che schioccano e poi si spengono e la voce di Sascha completano una traccia che colpisce nel segno, con un intermezzo strumentale come ciliegina sulla torta.
L'ultima traccia è molto ben strutturata e suona splendidamente. L'alternarsi di pause e riprese risulta piacevole e anche il finale è molto ben curato.

Ora, come dice anche Caparezza "il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista". Soprattutto se il primo è stato una bomba. Sembra che nel primo il trio abbia osato molto di più, producendo un disco molto contaminato, sperimentale e con svariate intuizioni eccezionali. "II" è un disco piacevole, lo si ascolta volentieri, pulito e ben congegnato, che tuttavia, non regge il confronto con il suo predecessore a dir poco geniale.
Un bel disco che però non presenta grosse novità, grandi intuizioni né azzardi.

Forse mancanza di idee nuove? Sicuramente non di potenzialità.







lunedì 16 settembre 2013

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LLDLM#29_Rachel Row - Follow The Step (FCL's Gentil Remix)


Rachel Row
Follow The Step (FCL's Gentil Remix)
Follow The Step (Remixes) EP
2013
Defected Records




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giovedì 12 settembre 2013

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Eastern Electrics 2013 - Diary


100 dei migliori artisti del pianeta, 42 ore di musica, 3 giorni, 2 notti, migliaia di electronic music monkeys, il countryside inglese e… boom!  Eastern Electrics versione 2013. 
A King’s Cross adocchiamo due o tre gruppetti di ragazzi che ci faranno compagnia nei 20 minuti di treno che ci separano dalla città a  Knebworth Park. Sul treno le dita si incrociano convulsamente in un crescendo d'ansia dopo aver visto nuvole minacciose che si “accoppiano” sopra le nostre teste. Una volta scesi, i clubber si confondono con i locali, per poi ritrovarsi di nuovo tutti insieme ai cancelli d'ingresso. 
L’atmosfera è serena e spensierata, come se stessimo andando al parco a rilassarci piuttosto che ad uno dei più vibranti music festival dell’anno. 
Le nuvole tuttavia non ci hanno abbandonati. Nella nostra euforia, un lampo, ed è il diluvio universale. Numerosi scrosci di acquazzone dopo ci ritroviamo fra le sterminate transenne del festival, tra segnaletiche che avvertono quali siano le pasticche letali, omini in giacca gialla ovunque (organizzazione impeccabile)e finalmente intravvediamo l’entrata al Paese dei Balocchi.

L'area dedicata a questo Festival è impressionante. Il camping site è al completo, affollato da alcune migliaia di tende farcite di persone. A campeggiare sullo sfondo, 2 tendoni da circo che fungono da main stage, Eastern Electric Arena e Substation, più altri 4 più piccoli di cui uno, Switchyard Stage, sembra uno spaccato del porto di Rotterdam ricavato da container. 
Ed ancora giostre, bancarelle, l’Electric City e decine di punti di ristoro.


Di primo acchito, lo spazio ci sembra fin troppo "immenso" per le reali esigenze, quasi del tutto impossibile da riempire. 
Cazzata.
Se si fosse potuto fare un bel fast forward stile documentario di Piero Angela, avremmo visto come la location fosse in realtà perfetta per accogliere le migliaia di persone che da lì a poco avrebbero invaso l'area come formiche impazzite, concentrandosi negli stage, spostandosi frenetiche per poi disperdersi nella landa. 
D’altronde Knebworth Park ha una ricca tradizione di main event alle spalle, avendo  ospitando importanti eventi musicali dal 1974 ad oggi fra cui Led Zeppelin, The Rolling Stones, Jamiroquai, Metallica, Iron Maiden.  
Una Woodstock inglese al 100%, per la serie se gli alberi potessero parlare quante cose potrebbero dire…

Muovendo i primi passi tra gli stand, gli occhi ci iniziano a brillare, l'impazienza sale, vogliamo vedere tutto, sentire tutti. In un crescendo di fame musicale, inizia ufficialmente il nostro Festival.

Per incominciare ci dirigiamo verso lo Switchyard, dove troviamo Heidi intenta ad animare una folla che incurante del fango e della pioggia sgambetta ridente. Set animato e vitale che calza a pennello con la situazione. 
Guardandoci intorno, ci stupiamo nell'osservare come il pubblico, in realtà, fosse già preparato preparato ad ogni cambiamento climatico improvviso. Ci troviamo così a ballare spalla a spalla con ragazze calzanti stivali di gomma e jeans “giro-passera”, ragazzi in k-way scalzi nella fanghiglia e tutti, chiaramente, con gli immancabili occhiali da sole whatever the weather!


Un salto merita l’Electric City: qui gli indigeni del luogo sono fanciulle vestite in burlesque gotici, donne su trampolini, giocolieri. Ci si può far dipingere il viso, comprare copricapi indiani o vestiti pittoreschi. Il tutto in questo labirinto di pallet, che la sera si trasforma in un gioco di luci colorate sfumate solo dalla notte e dai fumogeni sparsi qua è là. Magico. Punto di relax ideale fra un dj set e l’altro.



Da lì ci spostiamo all’Igloovision, uno stage che somiglia ad un piccolo 3D-max poiché con i primi bui serali le pareti interne si animeranno di grafiche digitali incantevoli. 
Per rendere meglio l'idea, immaginatevi le electric monkeys lì dentro, in un mix costante di musica, immagini e flash nello stile delirante di “Paura e delirio a Las Vegas”
In questa location incredibile assistiamo al cambio di consolle fra ATA e i Clockwork che come al solito non deludono mai. Set forte, sostenuto e dritto, che non fa mai male.


Riprendiamo la nostra esplorazione solcando il prato che ci divide dal main stage, affollato da gruppetti di ragazzi distesi a godersi il timido sole, che finalmente ha preso il posto delle nuvole.
 Nell’Electric Arena sta suonando Dyed Soundorom, uno degli artisti più attesi del pomeriggio, che con  il suo inconfondibile groove francese,  si discosta sensibilmente dalla cassa dritta appena lasciata. Di fronte a lui, un vero e proprio mare festante di persone con le mani al cielo. Il clima è splendido e seppur lo stage sia incredibilmente affollato, la vivibilità è altissima, riuscendo a respirare e a muoversi senza alcuna difficoltà.  


Dopo un paio di foto e quattro chiacchiere con alcuni tizi che blaterano un qualcosa in un inglese che comincia a farsi incomprensibile, decidiamo di fare un primo pit-stop mangereccio. La scelta è più che varia, ma la pancia esulta quando ingurgitiamo tacos con carne e fagioli messicani, con topping di salse sconosciute ma pazzescamente buone. 
Un po’ di relax sotto il sole e si riparte.



Altra corsa, altro giro signori e signore. 
E’ il turno di Maceo Plex che manco a dirlo butta giù tutto. Si salta come ai concerti live, tutti sorridono e lui è maestoso nel suo set techincolor, le mani si alzano e si fatica a stare fermi.  Si continua così per un’ora e mezza, senza mollare neanche un attimo.
 Il cambio in consolle nello stage ci dà il tempo di far tappa negli altri stage per curiosare un po'. 
Alle 19 è iniziata la Boiler Room proprio di fianco all’Electric City, con uno stage completamene dedicato: a farla da padrone, tentando di trasmettere via web l'atmosfera del festival, si susseguono Roman Flugel, Anja Schneider e Jozif.








Alle 21 il clou delle danze. 
Hot Natured Show, appositamente proposto per il lancio del loro album debutto il prossimo mese. Tenendo fede al nome, si tratta di un vero e proprio show. Le luci e i laser degni di un concerto di Madonna, l'euforia crescente al limite dell'esplosione e l'autentico suono dell'etichetta inglese rompono in maniera chiara rispetto ai set pomeridiani, annunciando a fiato di tromba che la vera festa sta solo incominciando ora. Ai comandi delle operazioni, Jamie Jones, Lee Foss, Luca C & Ali Love accompagnati dalla cantante di Los Angeles Anabel Englund, una gnocca bionda che si esibisce dominando il palco. Operazione riuscita, un successo strepitoso, anche se a noi è sembrato tutto troppo “glitterato”. 
Nuovo cambio di stage e i toni cambiano totalmente per l’ennesima volta con Kristian Beyer e Ame. Suoni che fanno esultare le folle e noi con loro. Fantastico, Innervision never fails.


 La stanchezza inizia a farsi sentire, secondo pit-stop e ancora in giro direzione Igloovision, dove sta suonando Luke Slater, ma le la sua techno incalzante non si sposa adeguatamente con il posto invivibile in cui è costretto a suonare. 
Questo ci fa optare per il Substation stage dove si stanno esibendo gli Infinity Ink seguiti da Subb-an
Pochi dischi ed arriva il momento di essere un pochino patriottici: 
andiamo a sentire i Tale of Us nel main stage, i quali propongono il loro nuovo sound, molto più duro e pragmatico, spianando la strada all’atteso Richie Hatwin e il suo solito sound riconoscibilissimo. 
A chiusura dell'intensa giornata, ci godiamo Damian Lazarus che apre per noi le porte dell’inferno mandandoci tutti a letto a mattina ormai inoltrata. 


Che dire, darei un bel 9 a tutto il festival per organizzazione, eventi, 
spazi previsti e dj proposti.  
Molto stancante, ma merita sicuramente. 

See you next year!