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venerdì 19 aprile 2013

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Interview / Jun Akimoto

Jun Akimoto, giapponese di nascita, inglese di adozione...cittadino della notte, dj, producer. 
La prima volta che sentii parlare di lui fu durante l'intervista di Yaya.
Il discorso si era arenato sull'EP che presto avrebbero prodotto insieme...Just you EP (Maison d'etre)...questa collaborazione tra i due mi aveva intrigato per l'incredibile fusione di culture che si stava palesando.. pò di East London, Torino, Ibiza...l'Africa nera. Kyoto.

Ciao Jun. Partiamo subito ai 1000 all'ora:
perchè, a un certo punto hai deciso di andartene dal Giappone alla volta di Londra?

Volevo andarmene, semplicemente vivere lontano qualche migliaia di kilometri dalla mia patria...ero già un appassionato di clubbing ma di certo questa non fu la mia prima ragione.

Perchè fai il dj? chi ti ha ispirato maggiormente?

Ho sempre amato moltissimo Danny Tenaglia fin da quando ero bambino ma in questo senso Londra mi ha dato tutto perchè lì ho finalmente cominciato a conoscere altre decine e centinaia di dj dal talento smisurato.
Al momento però quelli che amo di più sono tINI & Enzo Siragusa (FUSE London).


Come hai conosciuto il giovane dj Torinese nonchè uomo Desolat, Yaya? Ma soprattutto com'è nata la collab. per MDE005?

Yaya suonava molto spesso il mio remix di "Dave Broydon, Inmotion music" così ho deciso di mandargli un e-mail per connetterci su facebook.
Da lì è nato un dialogo e abbiamo cominciato a fare musica insieme...tutto molto semplice.

Come suoni? Con quali supporti e strumentazioni fai la tua musica?

In principio usavo solo CDJ, poi ad un certo punto mi sono riconvertito al vinile perchè ho capito che certa musica la trovi solo nel formato originale. Ora ho bisogno di 2 CDJ, 2 Technics e ovviamente il mixer. In studio invece non uso hardware ma solo Ableton e qualche VST.

Com'è andata la tua prima esperienza da dj fuori dal Giappone?

Non ero un dj prima di trasferirimi.
Era il 2007, forse il 2008...ahahhah...non ricordo nemmeno il nome del locale...! Comunque in East London.

Quale club o situazione senti più vicine a te e quale credi che sia la migliore città per far del sano clubbing?

A mio parere al mondo non esiste nessun luogo paragonabile a Londra, e il FUSE, beh il FUSE è stato per me una casa, l'amore e l'ispirazione.

Il meglio della scena Giapponese secondo te:

A mio parere l'Eleven a Tokyo. E' semplicemente perfetto. Suono, soundsystem e pista impareggiabili per qualità e stile.


Progetti futuri:

Al momento devo andare a suonare prima ad Hokkaido poi Osaka e Tokyo. Presto tornerò anche in Europa.
Sono appena uscite le mie due tracce di cui una con Ittetsu sulla nuova etichetta di FUSE, inFUSE records e al momento è in preparazione un altro EP con Yaya su Knock knock serise. Sto lavorando anche a tre remix:
uno per l a nuova etichetta di Medeew, uno per Karton e uno per Flumo.

martedì 9 aprile 2013

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La libertà di scegliere

Negli ultimi anni alcuni scossoni hanno attraversato il mondo della dubstep.
Alcuni massimi esponenti del genere hanno iniziato ad "abbandonare" in maniera palese la nave mediatica da tempo alla deriva, per iniziare a guardare con profondo interesse altri generi.

Principali indiziati, citofonare Scuba ed il dirimpettaio Skream.



Andiamo con ordine.

Paul Rose AKA Scuba iniziò a dare i primi segnali di un possibile/probabile cambiamento di genere già nel suo Triangulation, suo ultimo vero album dubstep che presentava frequenti rimandi all'universo techno, da cui il produttore in realtà arrivava.
Il vero punto di svolta fu Adrenalin EP. Due tracce su tre house.
Personality LP è semplicemente la normale conclusione del percorso: tech house, della dubstep che l'aveva reso celebre neppure l'ombra.
Dai puristi le accuse di essersi venduto, di avere scelto la via più facile, di avere fatto una scelta commerciale e non artistica.

Vero, non vero? Ma soprattutto, importa?

Passiamo a Skream.
Il londinese Oliver Dene Jones, come ha letteralmente urlato al pubblico durante un suo set al Brancaleone di Roma nell'ottobre scorso, fa dubstep da quando ha 16 anni, sia da solo, sia con gli altri uomini Magnetici Benga ed Artwork.
Adesso, a 26, inizia a guardare con sempre maggiore interesse mondi inesplorati, almeno a livello produttivo come l'house, preferibilmente acid.
L'ultimo ep, il settimo, della fortunata serie Skreamizm ha ricevuto nettamente più critiche che elogi ed il motivo è semplice: è la via di mezzo che scontenta tutti.
La dubstep c'è. Ed è la più ombelicale e coerente a se stessa, un neanche troppo nascosto auto plagio delle sue ultime produzioni come Exotermic Reaction.
Ma attenzione, c'è anche l'house.
Trinki, traccia che tutti si aspettavano e rappresenta lo sdoganamento del genere anche per il ventiseienne.


Le reazioni dei fans a queste vicende? Pessime, as usual.

Ancora, Skream nell'autunno scorso ha cinguettato più volte su twitter messaggi del tipo: "Dubstep primo amore, non la abbandonerò mai" e via dicendo, a placare le ire funeste di orde di puristi che non gli avevano perdonato lo sgarro "alla madre".

A parte le valutazioni sui singoli casi, che non mi competono né tantomeno mi interessano, considerando ognuno libero di dire, scrivere e pensare ciò che crede, senza bisogno di giudizi vari, vorrei soffermarmi su un profilo che in vicende come queste troppo spesso viene del tutto trascurato, ossia la libertà di scelta nel panorama musicale.

Ogni produttore dovrebbe sentirsi libero di scegliere, inspirarsi, campionare, rilasciare sul mercato ciò che crede esprimendo a pieno la propria libertà artistica.
Questo probabilmente accade per un 30% del mercato.
Il restante ovviamente è influenzato di decine di altri fattori, ma il principale resta sempre e soltanto quello, senza troppi giri di parole né peli sulla lingua: €/$.

Viene quindi effettuata una scelta, giusta o sbagliata che sia.

E a fronte di una simile libertà, sinceramente fatico a comprendere le lamentele degli appassionati, sulla base di un non meglio precisato dovere di fedeltà degli artisti ad un unico genere.

La musica, almeno da parte degli ascoltatori, deve rimanere una passione.

E nel pieno esercizio della propria posizione, l'ascoltatore non ha alcun diritto di pretendere un determinato prodotto musicale da un produttore, per due ordini di ragioni profondamente distint
- non sottostare lui per primo alla logica della musica quale prodotto, perché essendo una forma di espressione artistica deve essere prima di tutto libera.

- l'ascoltatore, non avendo alcun vincolo con un artista, un produttore, un genere e via dicendo, ha il diritto ma soprattutto il dovere morale di scegliere cosa più gli piace.

E nell'esercizio di questo potere di scelta, esiste anche quella di non seguire un artista che cambia produzioni.

Tornando alla materialità dei casi di Scuba e Skream, le scuse dei produttori per le loro nuove esperienze, le richieste di comprensione, le lamentele e tutto il teatrino mediatico non fanno altro che svilire ancor di più l'unica cosa importante di tutta la vicenda: la musica.

La musica è arte, e come tale deve restare. Ogni appassionato nel rispetto di questa espressione ha il dovere di scegliere cosa seguire, chi seguire, come e quando.

E' deprimente ed umiliante di vedere la musica ridotta a mero prodotto di mercato.
Ma è ancora più deprimenti vedere gli appassionati perfettamente calati in questo retaggio, privati per scelte altrui della possibilità/capacità di scegliere, ridotti a beceri consumatori di un prodotto che dovrebbe essere sempre assolutamente fedele a se stesso.

Se qualcosa non vi piace, non lamentatevi, cambiatelo.


Cesare Durazzo 
(Twice - SRSLY)