Moderat è un progetto di musica elettronica che nasce nel lontano 2002. E' il risultato della collaborazione di Apparat (al secolo Sascha Ring) con i Modeselektor (Gernot Bronsert e Sebastian Szary), ergo un progetto tutto berlinese.
Apparat, al centro, e i Modeselektor ai lati. |
Nel 2002 purtroppo esce solamente un EP che rimane pressoché sconosciuto e il progetto si blocca a causa di divergenze tra i componenti del trio.
Nel 2009 invece arriva la rivelazione: esce infatti per la BPitch Control il disco omonimo, composto da 11 tracce di straordinario pregio. Il disco viene recepito benissimo dalla critica e contiene alcune perle difficili da dimenticare: su tutte "A New Error" e "Rusty Nails". Insomma, quando si è iniziato a vociferare che sarebbe uscito un secondo album c'erano tutte le premesse perché questo fosse un'altra bomba.
La copertina di "II" |
Ed ecco che nel 2013 esce per Monkeytown Records (l'etichetta fondata dai Modeselektor) il secondo album di Moderat, chiamato semplicemente "II".
L'uscita di questo disco, per i cultori del trio come il sottoscritto, era attesa come il Messia, ma dopo un primo ascolto non si è sicuri che regga il confronto con il primo.
Il disco è preceduto dall'uscita del singolo "Bad Kingdom", che forse vuole ricalcare un po' la tanto famigerata traccia "Rusty Nails".
La traccia è nel tipico stile Moderat: cassa incisiva (lo zampino è sicuramente dei Modeselektor), atmosfera tendente al malinconico e alla voce Apparat. La traccia è molto ben congegnata, i suoni sono quelli che ci si aspettava e come primo singolo si rivela quindi perfetto.
La terza traccia (la prima è un interludio), "Versions", dalle atmosfere pacate, risulta invece un po' monotona e senza grandi intuizioni e con una variazione nel finale che non trova molto senso.
Si prosegue con "Let In The Light", recepita molto bene dalla critica. I colpi di cassa particolari e numerosi spunti sonori la rendono in effetti una tra le tracce più interessanti del disco.
Con "Milk" si è voluto strafare: la traccia dura infatti più di 10 minuti. La partenza è molto lenta e tutto farebbe pensare ad un bel climax ascendente che invece, purtroppo, non arriva mai. Il ritmo rimane pacato, le variazioni sono di poco conto e quello che sembrava un aereo pronto a decollare invece rimane a terra. Anche dopo i primi 8 minuti, quando si dovrebbe toccare l'apice del climax, la traccia si affloscia e finisce, non avvicinandosi lontanamente a quello costruito nel disco precedente addirittura attraverso due tracce: "Porc#1" e "Porc#2".
La traccia successiva, "Therapy", è invece molto ben costruita. La crescita graduale del ritmo è piacevole, le pause sono al punto giusto, le variazioni che si insinuano nel ritmo dell'origine della canzone sono gestite perfettamente.
"Gita", con la sua base particolare e la voce di Apparat sommata a cori campionati, risulta interessante anche per l'aggiunta di svariati suoni tipici di un vecchio Sascha, mentre "Ilona" risulta un po' insipida.
Il disco a mio parere si riprende clamorosamente con le ultime due tracce: "Damage Done", in perfetto stile Apparat di "The Devil's Walk", e "This Time". La prima rievoca atmosfere cupe attraverso suoni lievi e attutiti che crescono col passare dei minuti. Le eco di sottofondo di suoni che schioccano e poi si spengono e la voce di Sascha completano una traccia che colpisce nel segno, con un intermezzo strumentale come ciliegina sulla torta.
L'ultima traccia è molto ben strutturata e suona splendidamente. L'alternarsi di pause e riprese risulta piacevole e anche il finale è molto ben curato.
Ora, come dice anche Caparezza "il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista". Soprattutto se il primo è stato una bomba. Sembra che nel primo il trio abbia osato molto di più, producendo un disco molto contaminato, sperimentale e con svariate intuizioni eccezionali. "II" è un disco piacevole, lo si ascolta volentieri, pulito e ben congegnato, che tuttavia, non regge il confronto con il suo predecessore a dir poco geniale.
Un bel disco che però non presenta grosse novità, grandi intuizioni né azzardi.
Forse mancanza di idee nuove? Sicuramente non di potenzialità.
Il disco a mio parere si riprende clamorosamente con le ultime due tracce: "Damage Done", in perfetto stile Apparat di "The Devil's Walk", e "This Time". La prima rievoca atmosfere cupe attraverso suoni lievi e attutiti che crescono col passare dei minuti. Le eco di sottofondo di suoni che schioccano e poi si spengono e la voce di Sascha completano una traccia che colpisce nel segno, con un intermezzo strumentale come ciliegina sulla torta.
L'ultima traccia è molto ben strutturata e suona splendidamente. L'alternarsi di pause e riprese risulta piacevole e anche il finale è molto ben curato.
Ora, come dice anche Caparezza "il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista". Soprattutto se il primo è stato una bomba. Sembra che nel primo il trio abbia osato molto di più, producendo un disco molto contaminato, sperimentale e con svariate intuizioni eccezionali. "II" è un disco piacevole, lo si ascolta volentieri, pulito e ben congegnato, che tuttavia, non regge il confronto con il suo predecessore a dir poco geniale.
Un bel disco che però non presenta grosse novità, grandi intuizioni né azzardi.
Forse mancanza di idee nuove? Sicuramente non di potenzialità.
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